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Marco Vannucci Politichiamo

Marco Vannucci Politichiamo

Toscano libero di mente


Era Pasqua

Pubblicato da Marco Vannucci su 20 Aprile 2014, 13:39pm

Era Pasqua. Mamma iniziava il suo ciabattare con le prime luci del giorno ed io sapevo che, da a li a poco, mi avrebbe svegliato per fare il bagno. Della famiglia ero il più piccolo quindi toccava a me lavarmi subito per sfruttare l'acqua calda, piccole accortezze per il cocco di casa, bagno svelto affinché il boiler non consumasse i litri a disposizione per i miei fratelli che mi guardavano storto, io calda loro tiepida e Bibi, l'ultimo, tendente al gelata. Per ripicca mi fregavano le sigarette con la scusa di dirlo al babbo, in casa non potevo fumare, mi ricompensavo sbirciando le loro riviste osé paventando, a mia volta, di fare la spia alla mamma. Bagno, asciugamano, borotalco: l'accappatoio era sconosciuto, faceva funzioni l'asciugamano grande. Il rito del vestito nuovo. Il più delle volte nuovo non era, passato di fratello in fratello secondo la crescita dava l'idea del nuovo per l'accortezza, di mamma, nel nasconderlo dentro l'armadio per un certo periodo. Ho sempre pensato che lo facesse per la gente, nella speranza che avesse dimenticato a chi appartenesse, tant'è il vestito era quello e doveva apparire come nuovo. Girati, voltati, fatti vedere. Ti stringe, ti sta largo, ti cade male. L'avesse misurato qualche giorno prima avrebbe profanato il rito del vestito di Pasqua e allora come tornava, tornava. Le scarpe, si, quelle erano nuove. Guai a te se ci giochi al pallone e nel dirlo, mamma, mimava il gesto di uno sganascione che arriva subito dopo, meglio prevenire che curare. Telefono azzurro non esisteva, va beh in casa non avevamo neppure il telefono e se avvertivi il maestro, a scuola, rischiavi di prenderne un altro da lui. Un solo maestro per le elementari, non sono venuto un cretino, non c'era nemmeno Luxuria ma nessuno, in tutta la scuola, si suicidò per questo. Vestito, scarpe e via alla Santa Messa. Mi chiedevo il perchè dovevo vestirmi bene se poi dovevo indossare la tunica di chierichetto ma il suonare le campane, attaccato allo corda per sollevarmi in alto, era un'emozione che ripagava di tutto. Alle 13, al tocco come si dice in Toscana, il pranzo era pronto. Se eri in cortile il telefonino era l'urlo di un genitore, via di corsa a mangiare quelle leccornie che avresti rivisto solo per Natale...

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